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Story
E’ sempre stato difficile per me chiamare un luogo davvero Casa.
Sono sempre stati posti, uguali e diversi, ma sempre e semplicemente posti.
Quando ho saputo di essere stata ammessa nella facoltà dei miei sogni nella grande metropoli ho pensato che questa poteva essere l’occasione per trovare finalmente quel posto da chiamare Casa.
Ho odiato anche questo, di trasloco.
Avrei sempre voluto avere il teletrasporto e spostare in un secondo tutte le mie cose da un appartamento all’altro.
Anche se, a dire la verità, quando ti sposti spesso impari ad averne poche di cose.
Ma questa volta, come dicevo, è stato diverso.
Avevo chiesto a mia madre di restare in macchina perchè volevo avere due minuti per assaporare l’aria della mia nuova casa, che grazie a DavveroCasa avevo preso in affitto, da sola.
Volevo sentirla mia, mia e basta.
E fu lì che accadde qualcosa che ha dell’incredibile a raccontarlo.
Appena aperta la porta ad accogliermi ci fu un profumo e una risata.
“dai Margherita vieni… che si fa buio”.
L’avrei riconosciuta tra mille.
L’istinto fu quello di seguire quella voce e mi ritrovai in una stanza piena zeppa di alberi altissimi.
E c’era lui con i suoi folti capelli corvino e i suoi occhi blu talmente grandi che facevano invidia all’oceano.
Di fronte a me l’immenso bosco.
A 15 anni, infatti, ci eravamo trasferiti in una casa che confinava con un bosco bellissimo ed enorme. Affascinante e misterioso, come tutti i boschi sanno essere.
Il mio vicino di casa si chiamava Teo e ci mettemmo pochissimo ad innamorarci come solo gli adolescenti sanno fare: velocemente e perdutamente.
Fino a quel giorno.
”Ci trasferiscono Teo”
Silenzio.
“Mio padre… a lavoro…. partiamo a fine mese”
Silenzio.
“E’ tutto qui, finisce così?” mi chiese.
Silenzio.
Che poi le parole a 15 anni sembrano macigni.
Così ero rimasta in silenzio e lui, nel silenzio, era sparito.
Insieme a Teo sparì il ricordo.
Ed ero di nuovo lì, immobile, davanti all’ingresso della mia casa nuova.
Mi girai e su un tavolo nella sala da pranzo notai un’ampolla verde bosco.
Il profumo veniva da lì ed accanto c’era un biglietto.
“Casa non è un luogo, puoi portarla dietro con te.
Ovunque”.
Firmato DavveroCasa.
E lì capii che io non avevo avuto una Casa ma ne avevo avute tante, piccole, da portare sempre con me.
“A tutte le prossime case che abiterò” pensai suggellando quel momento nella mia mente.
Grazie DavveroCasa.